Maggio 5th, 2020

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Alcuni spunti per continuare la discussione sull’opportunità di usare strumenti tecnologici per contenere il contagio e al contempo non rinunciare al rispetto dei nostri diritti.

Nella situazione di emergenza in corso, la tecnologia si è rivelata un supporto quasi imprescindibile per ridurre l’impatto delle restrizioni sulle abitudini lavorative e sociali di molti di noi.

Si è pensato quindi di avvalersi di uno strumento tecnologico anche per aiutare le autorità a monitorare la diffusione dei contagi nella cosiddetta “Fase 2”, quando un numero più alto di cittadini ricomincerà a spostarsi.

Ecco dunque emergere il tema delle app di contact tracing, ovvero di quelle applicazioni che, una volta installate sui dispositivi delle persone, renderebbero possibile ripercorrere i loro spostamenti e valutare, tramite diversi sistemi di rilevazione, eventuali contatti con persone poi rivelatesi contagiate dal virus.

Apple e Google hanno recentemente annunciato una collaborazione per implementare direttamente nei sistemi operativi di miliardi di persone uno strumento, basato sul Bluetooth a basso consumo energetico, finalizzato alla tracciatura  dei contatti con altri dispositivi, e quindi utenti, senza bisogno di installare  alcuna applicazione ulteriore.

L’EDPB e il Garante per la protezione dei dati personali hanno emanato linee guida sui requisiti che le app di contact tracing dovrebbero rispettare così da rendere il ricorso a strumenti di questo genere quanto più conforme possibile alla normativa a tutela della privacy degli individui. Su tutte risaltano le necessità che l’adesione sia su base volontaria e che il  codice dell’applicazione sia “open source”, cioè privo di copyright e modificabile da altri utenti.

Questi due aspetti, congiuntamente all’obbligo di anonimizzare i dati raccolti nonché di cancellarli al termine dell’emergenza, costituirebbero una forte garanzia di tutela della privacy dei cittadini che vorranno farne uso.

Un interessante tentativo di implementare le linee guida è rappresentato da “diAry – Digital Arianna”, applicazione sviluppata da Digit s.r.l., in collaborazione con l’Università di Urbino. diAry non richiede registrazione, e prevede il salvataggio in locale, sul dispositivo dell’utente, delle informazioni che raccoglie su spostamenti, luoghi visitati e contatti avuti. Rispetto ad altre app di contact tracing, diAry offre così un vantaggio sostanziale: tutti i dati raccolti sul dispositivo rimangono in possesso dell’utente, fino a quando dovesse decidere di comunicarli, in forma completamente anonima, ad un open data set.

In merito all’applicazione scelta dal Governo, Immuni, valutazioni ponderate potranno farsi quando si conosceranno maggiori dettagli sulle funzionalità, anche se alcune perplessità sono già state sollevate.

Di certo, con il supporto degli strumenti adeguati, il bilanciamento tra privacy, sicurezza e salute pubblica può essere raggiunto, sfruttando le potenzialità offerte dalla tecnologia responsabilmente.

Photo by mana5280 on Unsplash